Don Corrado Lorefice rimane parroco, nonostante porti la in testa la Mitra. Chi nasce parroco, nello spirito, ci resta tutta la vita, anche quando diventa papa, come Giovanni XXIV. Invece della ramazza – quella che usava Don Camillo contro i suoi “nemici-fratelli”- don Corrado è obbligato ad usare gli editti, che sanno di autorità, e perciò lasciano la bocca amara a coloro che amano la nuova Chiesa di Francesco e sono inebriati dalla vertigine di libertà che essa regala: vorrebbero che la misericordia allungasse la sua luce su tutto e tutti.
Don Camillo si ispirava a Gesù che cacciò via dal tempio coloro che ne avevano fatto mercato, don Corrado si ispira a Francesco che lo ha voluto, da parroco, alla testa della Chiesa di Palermo. L’Arcivescovo ha creduto che fosse suo dovere allontanare dal tempio il veggente e il prete che nei suoi sermoni racconta i torti della chiesa dell’accoglienza voluta dal papa venuto “dalla fine del mondo”.
La ramazza di Don Corrado è apparsa un tradimento. Il dissenso non va scacciato dal tempio, si interrogano menti illuminate. L’Arcivescovo di Palermo non dovrebbe temere né il veggente, né Don Minutella, ma confidare piuttosto nel popolo di Dio, che sa certo discernere i mercanti e i nemici della Chiesa dagli uomini di fede.
Chi s’interroga, merita comprensione, ma nulla di più.. “Gli ideali hanno strane proprietà, osservò amaramente un grande scrittore austriaco, Robert Musil, “tra le altre anche quella di trasformarsi nel loro contrario quando si vuole seguirli scrupolosamente”. E’ il caso di Don Corrado o di don Minutella? La volontà di imporre la propria libertà ed il proprio bene, facendone una libertà ed un bene di tutti, è lo strumento dei despoti e dei tiranni.
La ramazza di don Corrado è un’altra cosa. E’ il mezzo che usa il parroco per far sapere ai fedeli con semplicità, nonostante l’editto, che i veggenti non devono salire sul pulpito. Espongano altrove le loro visioni, lo Stato non gli nega di farlo liberamente ovunque loro aggrada, parlando a catolici e non, senza timore. La Chiesa non può legittimarli, facendoli salire sul pulpito, perché sarebbe come accoglierne le superstizioni e le visioni.
L’editto che colpisce don Minutella toglie al sacerdote il pulpito per le sue predicazioni ed i suoi strali contro la Chiesa della Misericordia e dell’accoglienza. Il parroco di Sicilia usa la ramazza anche con lui, perché ama la chiesa di Francesco, vuole proteggerla dai “nemici” e, soprattutto, aiutare il papa argentino a liberarla dall’intolleranza e dalle scomuniche.
Le scomuniche religiose sono divenute in passato scomuniche politiche, le eresie della fede eresie dell’ideologia. Buone idee e coscienza religiosa, principi etici e di solidarietà sono stati usati per far prevalere interessi di singoli o di gruppi, ed accrescerne il potere sugli altri.
La storia della civiltà segue il percorso della libertà. Gli uomini ne hanno avuta sempre di più, nonostante le insidie dei despoti e dei fanatici. Chi pretende la libertà assoluta –l’uguaglianza senza rinunce, il rispetto delle proprie idee senza rinunce – sbaglia: la sua voglia di libertà poggia su basi di argilla. Il buon senso suggerisce il sacrificio di qualcosa in cambio della più larga libertà possibile.
L’idea che la Chiesa sia stata tradita da Francesco, illustrata ai fedeli, seppure con parole giuste, merita la ramazza, non la benda. Il tempo della polvere sotto il tappeto è finito: i boss con i santini in tasca e i doni in denaro ai santi e alle parrocchie sono finiti.
Chi ha commesso un crimine può essere perdonato, se si pente, al pari di chi si è sposato più di una volta. Le Confraternite non possono essere abitate da boss, che credono di potere esercitare il crimine senza perdere il favore del Padreterno.
Smarrito da segnali ambigui, il popolo di Dio deve credere che la sua fede cammini con le gambe dei giusti. I segnali devono essere forti e immediati. Occorre rassodare il terreno, renderlo fertile per la nuova chiesa. Ai farisei scandalizzati per l’accoglienza festosa ricevuta a Gerusalemme, Gesù risponde: ‘Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre'”.
Nessuna paura, dunque: si rassodi il terreno con gli editti, lo si renda fertile con la Misericordia.











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