(di Matteo Scirè) Aumento della pressione fiscale per i contribuenti siciliani che subiranno un innalzamento dell’imposta sui redditi delle persone fisiche, la cosiddetta irpef, dall’1.40 all’1.73.

 

L’incremento dello 0.33% è stato deciso ieri a Palazzo d’Orleans, costretto gioco-forza dalle scelte fatte da Palazzo Chigi di innalzare le aliquote irpef e tagliare i trasferimenti dello Stato alle Regioni e agli Enti locali.

Sarà l’aliquota più elevata d’Italia visto che già l’addizionale regionale in Sicilia era alta a causa dell’enorme deficit sanitario prodotto nel corso degli anni dal governo Cuffaro. Il provvedimento passa adesso al vaglio del dipartimento Finanze che lo varerà al più presto affinchè sia applicato sulle prossime buste paga e sui prossimi modelli Cud 2011, visto che la norma è retroattiva.

 

Tradotto in cifre vuol dire che chi dichiara un reddito di 30 mila euro verserà 100 euro in più rispetto all’anno precedente. Un’altra medicina amara che si va ad aggiungere alla cura di lacrime e sangue prescritta dal governo Monti per risanare le finanze del Paese. Per l’assessore all’Economia Geetano Armao si tratta di una scelta obbligata dettata dal governo nazionale.

 

Per evitare tale aumento, spiega l’assessore, si sarebbero dovute trovare altre risorse nel bilancio regionale, che però non ci sono. Ma Armao annuncia l’apertura di un tavolo di confronto con il governo nazionale affinchè le accise sul carburante rimangano alla Sicilia e siano aumentate le royalty versate alla Regione dalle compagnie petrolifere.

 

La maggior parte del greggio italiano, infatti, viene estratto e raffinato in Sicilia con danni notevoli per l’ambiente e la salute dei cittadini. Nelle intenzioni del responsabile dell’Economia siciliana parte delle risorse provenienti dalle accise e dall’aumento delle royalty andranno in un fondo per calmierare i prezzi della benzina su cui proprio le compagnie petrolifere fanno cartello, facendo schizzare i prezzi alle stelle.