Alla fine ci sono cascati tutti. Tradisce il marito, ma lui scopre che ha un amante: la sorella. Lui, lei, il cognato e la sorella: tutti traditi. “Sono i protagonisti di un intreccio amoroso da fare invidia alla più macchinosa delle commedie all’italiana”: perfino TgCom ci è cascato. Come Il Mattino e tantissimi altri quotidiani online.
In realtà, la nostra era una bufala. Per un attimo Palermo è tornata sotto i riflettori, la causa questa volta è la classica leggenda metropolitana. Un pesce d’aprile preparato con cura, finito in frigo la sera prima, e che la mattina dopo è stato sistemato sulla griglia, prima di essere apparecchiato a tavola. Sapore violento, digestione effimera. Ha ingannato anche i giornali più autorevoli, colpevoli di non avere verificato la notizia. Mettendo a nudo i limiti del web.
Perché il pesce d’aprile ha il potere di rivoluzionare le sonnacchiose cronache politico-economiche di un martedì come altri. Fino a quando si sgonfia, con il più classico: “Scusate, abbiamo scherzato”. I pesci d’aprile nuotano in tv e soprattutto sul web. La rete li acchiappa in mare aperto, prima che si spiaggino nelle secche di una realtà molto meno scoppiettante. Cucinano i buontemponi. Ma fino a qualche anno fa, senza internet, le bufale lievitavano solo sulla carta stampata. Lui, lei, la sorella, il fratello, il vaso, la rissa, la cognata, l’Addaura. Scusate, pesce d’aprile: abbiamo scherzato.











Era storia credibile, molto credibile, perché i fatti raccontati, corna in famiglia tra mariti e sorelle della moglie, esistono già nella realtà.
In effetti, non aveva senso. Fosse accaduto veramente ( e può sempre succedere ) perché litigare? Sarebbe stato meglio scambiarsi le chiavi di casa!
Più che di limiti del web parlerei di limiti del giornalismo italiano.
C’è una bella differenza…
chapeau!!
Fantastico