Le molte vite di Aldo Miccichè, ex DC, giornalista, falso deputato e affiliato con la banda della Magliana.

13 aprile 2008 00:23
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Dirigente della Democrazia cristiana (é stato segretario provinciale a Reggio Calabria negli anni '80), giornalista, ma anche falso deputato, qualifica con la quale si era accreditato addirittura con la banda della Magliana per intervenire, in cambio di 25 milioni di lire, in favore di detenuto un affiliato al gruppo criminale romano.

E' una personalità dalle mille sfaccettature quella di Aldo Micciché, 72 anni, l'affarista che sarebbe legato alla cosca Piromalli di

Gioia Tauro, rifugiatosi da molti anni in Venezuela, che i magistrati della Dda di Reggio Calabria vorrebbero sentire in merito al presunto tentativo di brogli nel voto degli italiani emigrati in Sud America in cui compare anche Marcello Dell'Utri, peraltro neanche iscritto nel registro degli indagati.

Quella di Micciché è una storia complessa. Calabrese di Maropati, centro a due passi da Gioia Tauro (e da qui i suoi rapporti con i Piromalli), abbraccia dapprima la carriera politica e si trasferisce poi a Roma, dove diventa consigliere provinciale per la Dc. Nel periodo in cui vive a Roma fa anche il giornalista, divenendo direttore dei quotidiani Italia sera e Eco del Sud. Nel 1983 per Micciché cominciano i guai giudiziari con il coinvolgimento in un'inchiesta sulla vendita di centinaia di case prefabbricate destinate ai terremotati dell'Irpinia.

Nel 1987 il faccendiere viene coinvolto in un'altra inchiesta per un finanziamento di 800 milioni di lire ottenuto da una banca svizzera con una documentazione falsa. Un'inchiesta per la quale finisce agli arresti domiciliari anche un avvocato romano, Aldo Recchi. Nel dicembre del 1990 Micciché viene arrestato per la bancarotta della società Alma gestione appalti di Roma mentre é ospite di un albergo di Torino. Per arrestarlo i carabinieri escogitano uno stratagemma, facendogli servire la colazione in camera da un ufficiale travestito da cameriere.

Dopo la scarcerazione ed una condanna per bancarotta fraudolenta e millantato credito, Micciché decide di trasferirsi in Venezuela dove diventa un emissario, per i suoi affari in America latina, della cosca Piromalli. Ma è un pentito della banda della Magliana, Maurizio Abbatino, a riferire dei presunti rapporti tra Micciché ed il gruppo criminale romano.

E lo fa quando, nel 1997, nel processo davanti alla Corte d'assise di Perugia per l'omicidio di Mino Pecorelli, parla del tentativo di aggiustare la posizione processuale di uno dei componenti della banda, Maurizio Colafigli. Abbatino, nel corso della sua deposizione, riferisce che la banda si era rivolta a Claudio Vitalone per sistemare la questione di Colafigli "dopo che erano andati a vuoto i precedenti tentativi fatti con un presunto on.Aldo Micciché, rivelatosi un truffatore, che si è pure preso 25 milioni". 

© Riproduzione riservata
Fonte: ansa
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