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Catania, minacce al magistrato responsabile della gestione del 41bis

12 gennaio 2010 08:45
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Una busta contenente un proiettile e una lettera con minacce di gravi rappresaglie personali è stata inviata al magistrato Sebastiano Ardita, responsabile della gestione dei detenuti 41bis. La missiva, che sarebbe legata all'applicazione del regime speciale di detenzione ai boss di mafia, è arrivata alla sede del quotidiano La Sicilia di Catania nelle scorse settimane. La notizia, che si è appresa oggi, è stata confermata dalla Procura della Repubblica di Catania che

ha aperto un'inchiesta contro ignoti.

 

Titolari del fascicolo sono il procuratore capo Vincenzo D'Agata e il sostituto Iole Boscarino che hanno delegato le indagini alla squadra mobile. L'episodio é stato segnalato al Comitato provinciale per l'ordine pubblico e la sicurezza di Catania. Nella busta la polizia ha trovato una cartuccia calibro 9 e una lettera di minacce nei confronti del magistrato che è stato invitato, con espressioni pesantemente ingiuriose, ad essere meno intransigente nell'applicazione del 41bis, il regime di carcere duro per gli esponenti di spicco della criminalità organizzata. Sebastiano Ardita, attualmente direttore generale area detenuti del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, in passato è stato un componente della Dda di Catania e si è occupato di inchieste delicate. 

 

"La busta con proiettile e lettera di minaccia al magistrato del Dap Sebastiano Ardita, è la risposta nervosa delle organizzazioni criminali alla dura azione del Governo e per l'esemplare comportamento del dottore Ardita da sempre in prima linea contro le consorterie malavitose e il malaffare". Lo afferma il deputato del Pdl Basilio Catanoso, che aggiunge: "Al dottore Ardita va la nostra stima e, certamente, quella della gente perbene di Sicilia".

 

Non è la prima minaccia che il magistrato Sebastiano Ardita riceve nel ruolo di responsabile della gestione dei detenuti. Il primo aprile del 2004 al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria di Roma furono spedite, per posta, due custodie per videocassetta con all'interno di ciascuna cento grammi di polvere esplosiva e un innesco formato da una piccola pila e un molletta. Una diretta a a Ardita, l'altra all'allora direttore del Dap, e oggi consulente, il magistrato Giovanni Tinebra. In quel caso l'ipotesi privilegiata fu quella della pista anarchica. I due pacchi esplosivi furono bloccate nell'ufficio postale di Bravetta, a Roma, dove erano tra la corrispondenza in transito.

© Riproduzione riservata
Fonte: ansa
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